La via del Menhir

Menhir di Crocemuzza, croce incisa

Prima che in Terra di Bari e nel Salento arrivassero i Messapi e gli Japigi un altro popolo molto più antico vi era vissuto e del suo passaggio ha lasciato degli alti testimoni silenziosi, i menhir. I primi menhir risalgono al Neolitico finale e sono la testimonianza di una civiltà megalitica che era diffusa in tutta Italia, in Europa ed anche in Asia nel periodo tra il 4.000 ed il 1.200 A.C. Gli studiosi si sono interrogati per molto tempo su quale fosse la funzione dei menhir che si presenta come una colonna monolitica liscia seppure appena sbozzata, infissa verticalmente nel terreno. In passato furono considerate stele funerarie o segni di delimitazione del territorio mentre oggi in considerazione dell'orientamento verso il sole della facciata più grande, si ritiene avessero una funzione religiosa, una sorta di altari per l'adorazione del sole oppure dedicati alla madre-terra. I Menhir sono state interpretati anche in chiave esoterica come pali sacri, elementi di unione tra i tre livelli cosmici: il mondo sotterraneo, la Terra, il Cielo.

Menhir di Pilamuzza in provincia di Lecce IT

La Puglia è la regione italiana dove c'è il maggior numero di Menhir, soprattutto in Terra di Bari e nel Salento; dalla Daunia al Salento molti sono i menhir ancora in piedi, muti testimoni di quel tempo ma molti altri tra menhir e dolmen sono scomparsi per i motivi più diversi dal furto al vandalismo, alla semplice ignoranza di chi li ha considerati solo massi di pietra. Alcuni hanno tentato di fare un censimento di queste pietre mute ma il risultato non è facile da raggiungere perchè questi monumenti sono spesso difficili da riconoscere quando si trovano in contesti isolati. Anche la chiesa cristiana ha contribuito a confondere le acque, sin dalle sue origini cercò di eliminare questi monumenti considerandoli le icone di una sorta di “litolatria”,ovvero dei riti e culti che comunque esistevano negli ambiti rurali della Puglia. Ma la loro distruzione si rivelò una strategia inadeguata perchè incontrava l'opposizione delle comunità ed allora la chiesa li trasformò in un supporto del simbolo della croce che vi veniva incisa sopra come nel Menhir di Crocemuzza. Il cristianesimo si appropriò di queste “icone” non solo incidendovi sopra la croce ma, anche cambiandogli nome come e Giurdignano, il  giardino megalitico più grande d’Europa dove i menhir si chiamano Madonna di Costantinopoli, della Fusa, di S.Vincenzo, di S.Paolo, di S.Nicola.
I siti dove si trovavano i menhir furono trasformati anche in luoghi preposti ai riti cristiani come in alcune località del Salento dove divennero la statio dove terminava la processione della Domenica delle Palme e venivano benedetti i ramoscelli d'ulivo, rito che continua ancora oggi come a Pilamuzza in provincia di Lecce.

Menhir detto il “Monaco di Modugno”, Modugno, Bari IT

La nuova strategia cristiana coinvolse anche le specchie, cumuli di pietre alti fino a dieci metri che venivano posti in cima alle colline e lungo la costa; spesso all’interno era stata ricavata una cella usata anche come sepoltura. Il cristianesimo trasformò alcune di queste specchie in luoghi ipogei di culto decorandole con immagini dipinte,  almeno così avvenne nell’area propriamente salentina.

Cannae – Menhir alto 3 m.

Come già accennato quanti siano in numero i menhir ancora visibili è difficile da stabilire perchè questi monumenti che il linguaggio contadino indicava con il termine di “pietrefitte”, spesso sono stati confusi con i cippi di delimitazione delle semite della centuriazione romana. Tuttavia quest'ultima ipotesi non sembra adeguata se si tiene conto che nelle centurazioni romane in altre provincie italiche erano usati i termini muti, ovvero dei blocchi di pietra cilindrici o tronco-conici, con un diametro di 100 cm e che presentavano un'altezza variante tra cm. 80 e cm. 120, privi di qualsiasi epigrafe o segno; già da questi primi elementi è evidente come fossero molto diversi dai menhir e, tuttavia, questo non esclude che dei menhir potessero essere usati come indicazioni dei limes di centuriazione ed infatti nel Libri Coloniarum si legge che i confini delle centuriazioni erad segnalati tra l'altro da “... tumore terrae, collectione petrarum, sed et naturalibus signatis lapidibus, viis, sepulchris, arboribus peregrinis, sed et aliis signis ...

Giardino megalitico di Giurdignano, Lecce IT

Uno di questi signis è sicuramente il Menhir conosciuto come “Monaco di Modugno”, conservato per la sua particolarità ma che gi archeologi hanno appurato che fu utilizzato come un degli indicatori dei limes nella centurazione voluta da Vespasiano nel I secolo d.C.
In terra di Bari , nei pressi del sito della città di Cannae, fu individuato nel 1938 un Menhir alto 3 metri che oggi è visibile percorrendo la SP 21.
Il Menhir più alto d'Italia si trova a San Martano ed è alto 5,20 metri.

Menhir Osanna – Spongano, Lecce IT

Ma veramente particolari sono i cosiddetti giardini megalitici di Zollino e Giurdignano. Con il termine di giardino megalitico si indica un'area ristretta dove si trovano un gran numero di questi monumenti, basti dire che in tutto il Salento si contano circa 150 menhir e che soltanto nel territorio di Giurdignano, al centro del Salento nei pressi di Capo d'Otranto, se ne contano 25 monumenti megalitici di cui 18 menhir e 7 dolmen.
Molti sono i Menhir che ormai non ci sono più o sono stati spostasti e rimaneggiati come il Menhir Osanna di Spongano, alto m. 2,90 che è stato più volte spostato a partire dal XVII secolo. Oggi si trova all'incrocio di Via della Congregazione trasformato in pinnacolo di sostegno ad una rozza croce metallica.
Esistono molti altri Menhir nascosti lungo le strade di Puglia ed uno dei primi scopritori dei menhir più nascosti fu Sir Thomas Ashby, direttore dell'Accademia Britannica, durante il viaggio che fece agli inizi del novecento alla ricerca dell'antico tracciato della via Traiana.

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