Storia di Sighelgaita

Busto di Sikelgaita – Bartolomeo da Foggia, Duomo di S. Maria Assunta, Ravello IT

Il cronista medievale Amato da Montecassino descrive la figlia di Guaimario “nobile, bella e saggia”, nata principessa longobarda andò sposa a ventidue anni a Roberto il Guiscardo avviando un processo di unificazione dell'Italia meridionale che avrebbe raggiunto il suo culmine due secoli dopo con Federico II.
Sikelgaita o Sighelgaita era nata a Salerno nel 1036, figlia di Guaimario IV principe longobardo di Salerno e di Gemma a sua volta figlia del Conte di Teano. I cronisti raccontano che la città era opulenta e viveva di commerci con l'oriente arabo e bizantino e che il padre con un'abile strategia politica era riuscito ad annettersi tutti i territori a sud di Gaeta avviando la formazione di un regno dell'Italia meridionale che riuscirà ad ottenere anche grazie ai cavalieri Normanni che si riconosceranno sotto la sua bandiera. I Drengot e gli Hautville strapperanno dapprima la Puglia e la Calabria ai bizantini per poi arrivare sino in Sicilia estromettendo gli arabi di cui però assolderanno le armate mercenarie.
Ma le fortune dei Normanni nel mezzogiorno d'Italia non avrebbero dato loro il potere se Roberto il Guiscardo non avesse sposato la figlia del principe longobardo di Salerno. Già Guaimario era ricorso al matrimonio per rinsaldare i rapporti con i cavalieri normanni, aveva dato in sposa la nipote Guida a Guglielmo d'Altavilla e quando questo morì riconobbe il fratello Drogone quale successore nel feudo e gli fece sposare sua sorella. Quando vittime di congiure morirono prima Drogone nel 1051 e Guaimario IV nel 1052, Principe di Salerno divenne Pandolfo uno dei congiurati che fece rinchiudere nel Castello di Arechi tutti i figli e familiari di Guaimario; alla cattura sfuggì il fratello Guido che riuscì a raggiungere Melfi dove la sorella era moglie di Umfredo d'Altavilla da cui ottenne un esercito con cui potè tornare a Salerno. Con l'aiuto dei Normanni Guido liberò Salerno ed i suoi familiari e pose sul trono il nipote Gisulfo. II che detestava i Normanni e non volle continuare la politica di alleanze mediante i matrimoni che aveva impostato il padre.
Ma era inevitabile che il legame tra i conti Longobardi e gli insostituibili cavalieri normanni si concludesse con un matrimonio e fu proprio Sighelgaita che ne fu lo strumento.
Il Guiscardo voleva ampliare i suoi possedimenti e legittimare il suo ruolo, i longobardi d'altra parte non potevano più fare a meno dell'appoggio armato dei nobili normanni e l'unione tra una principessa longobarda ed il capo dei normanni era la soluzione per entrambi.
L'accordo non fu facile perchè Gisulfo era ostile ai normanni in quanto non si fidava di loro ed in particolare di Roberto d'Hauteville che proprio lui appellò il “Guiscardo” per le sue abilità - l'appellativo deriva dal termine francese antico “guischart” che significa astuto, scaltro - , tanto più che il matrimonio auspicato era quello tra Sikelgaita e lo stesso Roberto.
L'urgenza politica dell'unione era fortemente sentita dai promessi sposi ed il Guiscardo, che in quel momento era sposato con Alberada di Buonalbergo, nobile di origine normanna, fece annullare il matrimonio adducendo la consanguineità come motivo dello scioglimento, causa accettabile visto che il diritto canonico vietava i matrimoni fra consanguinei fino al settimo grado ed il padre di Alberada era un cavaliere normanno appartenente alla stessa famiglia del padre del Guiscardo.
Alberada non si oppose e poi fu compensata per essere stata messa da parte e dopo poco divenne signora di Colubraro e Policoro sposando in seconde nozze Ruggero Pomareda. Lasciava a Roberto un figlio, Marco Boemondo che crebbe con il padre e divenne uno dei migliori comandanti del suo esercito.

Codice miniato del XII secolo

Ormai libero il Guiscardo poteva sposare Sighelgaita ma Gisulfo trovava tutti i pretesti per rimandare le nozze. Le cronache raccontano anche quella che aveva mandato ambasciatori dicendo che in quel momento le condizioni dell'erario del suo regno non consentivano di dare una dote alla sorella. Di fronte al palese tergiversare di Gisulfo, Roberto si presentò sotto le mura di Salerno e ricevuta udienza affrontò il re dichiarando che lui stesso avrebbe fornito la dote a Sighelgaita con terre e castelli in Calabria. Gisulfo lasciò libera la sorella di decidere il suo destino e lei accettò di sposare il Guiscardo che organizzò subito il matrimonio.

Desiderio, abate di Montecassino e poi Papa Vittore III nonchè cugino di Sighelgaita - Affresco da Sant'Angelo in Formis, XI secolo – Capua I

Due giorni dopo le nozze furono celebrate a Melfi da Desiderio abate di Montecassino e cugino di Sighelgaita, era il maggio del 1058. Sighelgaita aveva ventidue anni e il Guiscardo quarantatre, entrambi ben consci del significato politico e delle aspettative connesse alla loro unione.
Nonostante fosse ormai un uomo maturo Roberto d'Altavilla, come lo descrive Anna Commena nella sua cronaca quasi contemporanea, era: “maestoso di volto, di statura alta, largo di spalle, perfetto di forme, di chioma e barba fulve, d’occhi vivaci e penetranti: pronto e scaltro d’ingegno, ambizioso oltre misura, maturo nei consigli, provvido nelle imprese, ardimentoso ed esperto nelle cose di guerra, rigoroso e prudente nel governo civile”, probabilmente attraente anche per la giovane Sighelgaita che il cronista suo coevo, Amato di Montecassino definisce “Nobile, bella e saggia” ed altri ancora “onesta, pudica, virile nell’animo e provvida di saggi consigli”. Di Sighelgaita si diceva che che era quindi bella ma anche colta ed infatti come molte nobili longobarde era stata educata alle arti del Trivio (grammatica, retorica e dialettica) e del Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica) anche se lei aveva una passione per la medicina, infatti la Salerno del XI secolo è quella della Scuola medica salernitana.
L'intesa tra i due sposi fu totale; lui si occupava delle conquiste e della difesa del loro regno e lei dei rapporti con la Chiesa di Roma anche per tramite di Alfano il Vescovo di Salerno e dei suoi compagni di cenobio che divennero abati delle maggiori abbazie fino ad Ildebrando di Soana che diventerà Papa Gregorio VII.

Miniatura da “La nuova Cronica” di Giovanni Villani - Melfi 1059: Niccolò II incorona Roberto il Guiscardo Duca di Puglia e Calabria, a destra Sighelgaita

Nel 1059 fu Sighelgaita che con Desiderio Abate di Montecassino si adoperò perchè si tenesse a Melfi il Concilio a cui parteciparono un centinaio di vescovi, abati e religiosi dell'Italia meridionale. Sighelgaita preparò nel castello di Melfi di cui era domina, l'accoglienza a Papa Niccolò II che si trattenne a Melfi due mesi per preparare, indire e presenziare il Concilio in cui riconobbe le casate dei Drengot e degli Hauteville come paladine della chiesa, incoronò Roberto Guiscardo Duca di Puglia e Calabria riconobbe il pricipato normanno in Campania di cui però conservava alla chiesa la città di Benevento. Alcune risoluzioni di carattere religioso avviarono poi il definitivo distacco della chiesa di Roma da quella di Costantinopoli con la deposizione dei vescovi filo-bizantini.
Nel maggio del 1076 lo scontro tra Gisulfo ed il Guiscardo arrivò al suo epilogo: il normanno con la sua flotta chiuse il porto di Salerno e con l'esercito assediava la città costringendo Gisulfo ad arrendersi. I Normanni fecero di Salerno la capitale del loro regno e Roberto fece costruire un palazzo per Sighelgaita, Castel Terracena.

Sighelgaita rappresentata nel ciclo di affresco di Sant'Angelo in Formis, XI secolo – Capua IT

Dall'unione con Roberto d'Altavilla nacquero molti figli e se i maschi si divisero i possedimenti su cui dominava il padre, le femmine divennero strumenti delle alleanze necessarie pper rafforzare e detenere il dominio nei giochi di potere che coinvolgevano tutte le casate d'oriente ed occidente.
Nel 1050 nacque Olimpia, che venne data in moglie al figlio dell'imperatore di Bisanzio. Sull'accordo maatrimoniale che legava la casata degli Altavilla all'impero d'oriente, il Guiscardo giocò l'ultima delle sue battaglie politiche rivendicando a sé ed alla sua casata proprio l'impero d'Oriente.
Tuttavia gli eventi resero difficile raggiungere la meta quando Michele venne detronizzato.
La sola ombra che sembra passare su Sighelgaita è l'accusa di tentato avvelenamento di Boemondo, il figlio primogenito che Roberto aveva avuto da Alberada. La storia è riportata nella “Historia Ecclesiastica” di Orderico Vitale.

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