La Grecia salentina
Nell'area centrale del Salento ci sono 9 comuni che hanno una identità culturale distinta di origine elleniche e connotata dall'uso di una lingua dialettale, il griko o gricanico: Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano dei Greci, Corigliano d'Otranto, Cutrufiano, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino. Un tempo l'area era molto più estesa comprendendo tutti i centri del territorio compreso tra Otranto e Gallipoli.
Le origini di questa isola ellefona sembrerebbero risalire non alla prima colonizzazione da parte delle città greche di Rodi, Sparta, Micene e Creta quanto ad una ondata successiva di molti secoli. Alcuni storici suggeriscono che una colonizzazione greca sia seguita alla fine delle guerre gotiche quando alla fine del conflitto l'imperatore d'Oriente Giustiniano emanò la Prammatica Sanzione. Venti anni di guerra avevano devastato i territori della penisola, razziati dai due eserciti per mantenersi nel lungo periodo del confronto, e dove spesso gli abitanti furono vittime di epidemie e di carestie tanto che alla fine villaggi e città erano quasi spopolate. Nella Prammatica Sanzione del 554 Giustiniano aveva, tra l'altro, disposto il rientro degli esuli e dei prigionieri di guerra nella penisola italica ma questo evidentemente non fu sufficiente per ripopolare il Salento. La politica bizantina tentava di ripristinare l'ordine che c'era sotto il dominio di Roma ma la politica fiscale era pesante e questo non facilitava lo sviluppo e la crescita demografica. A questo ordine di problemi si aggiunsero le pretese dei principi longobardi che erano diventati i signori delle città campane ed istituito la Langobardia Minor con capitale Benevento che indussero i governanti bizantini a costruire una lunga muraglia che potesse essere un ostacolo ad infiltrazioni da nord.
La definizione di un confine marcato sia da ostacoli naturali che da muri costruiti, che andava da Fasano a Taranto, determinò uno sviluppo diverso di quell'area dalle zone che finirono sotto il controllo longobardo, per almeno altri tre secoli. Il cosidetto limes bizantino, conosciuto anche come “limitone dei greci”, di fatto fu res ponsabile di una netta divisione del territorio sulla quale, peraltro, influivano.
A sud del limes bizantino continuarono a vivere le comunità dei Rhomaioi, ovvero di bizantini che si consideravano romani ed erano delle comunità che erano state ripopolate dai bizantini, dopo che Basilio I aveva riconquistato molte aree dell'Italia meridionale. Alcune storie arricchiscono di particolari questa rinascita greca; una di queste storie si trova nella Cronaca di Theofanes Continuatus e riguarda la ricca vedova Danilis che lasciò erede dei suoi possedimenti italiani proprio l'imperatore e poiché queste zone si erano spopolate, Basilio vi fece deportare tremila servi. Sorsero così nel territorio fra Otranto e Gallipoli, una quarantina di villaggi costituiti in buona parte da abitanti di origine greca, che continuarono a seguire i costumi della loro terra, praticavano la religione greco-ortodossa e soprattutto parlavano greco. Questa identità culturale riuscì a resistere al cambiamento promosso dai nuovi costumi e lingua dei longobardi nuovi dominatori probabilmente per le caratteristiche del territorio che nel Salento meridionale presentava vaste zone paludose e malsane e quindi rimase isolato rispetto ad altre aree con situazioni ambientali più favorevoli.
Questa sembrerebbe la causa del permanere di questa isola ellefona anche se è interessante ricordare anche l'avvincente ipotesi di un grande filologo quale fu Rohfls; per lui l'uso del greco era frutto di una scelta che il popolo messapico aveva fatto per poter avere scambi commerciale con le colonie greche che erano state fondate lungo le coste del Salento. Rohlfs sosteneva che la lingua messapica derivava da quella etrusca ed essendo incomprensibile per i nuovi confinanti al fine di poter commerciare i messapi erano diventati bilingue.
Filologi e glottologi da tempo stanno studiando la grammatica e la fonetica del griko per trovare quanto meno un'indicazione sul luogo da cui provenivano i primi colonizzatori, tuttavia, nonostante le molte vicende storiche che pongono in connessione questi paesi del Salento con la lingua greca non esiste alcuna certezza del tempo e del modo in cui avvenne l'interazione.
Il griko usa per la grafia dei caratteri di tipo latino mentre il lessico e la sintassi discendono dal greco moderno e sono mischiate con le forme parlate del dialetto salentino.
Molti sono gli studiosi che hanno raccoltole testimonianze della lingua parlata – proverbi, filastrocche, detti, indovinelli - al fine di avere materiale per la costruzione di unalessico e di una grammatica del griko.
Se oggi l'interesse per una lingua “trascurata” sta rinascendo come elemento distintivo per la promozione turistica di un territorio, le cose erano molto diverse all'indomani dell'unità d''Italia quando il griko venne considerato al pari degli altri dialetti italiani e per una singolare iniziativa fu pubblicata la versione della novella di Boccaccio “Leggenda del re di Cipro” proprio in griko. Per quanti siano curiosi di leggere qualcosa in griko a seguire la novella di Boccaccio con la realtiva traduzione in italiano:
Leo artena ca is tù cerù atto protinò Ria pu Cipri, doppu pu isire ton aio paisi Gottifrè atto Buglione, succedefse ca mia signùra apù Guascogna am pellegrinaggio pirte isto Sebùrco, apù jureonta, is to Cipri stammèna, afse quài sceleràti antròpi vellanamente irte affèsa. Ja tuo ecini senza cammìa cunsulaziùna, iomàti ponu, pensefse na pai na cami na reclàmo is to Ria: ma tes upane ca ti fatia tin iche chasonta iatì ecino isane azze itu scotinì mbita ce tosso sprì calì ca, e manechà tes ngiurie attus adhdu me iustizia e vendècheghe ma podhda ca me tradimento tu càmane sustèneghe: tosso ca quaièna ca iche cane ponu itu cannonta cammìa onta o mbergogna sfochèghe. Tutta pramata motte icuse ti ghinèca desperata atti vendìtta, ja cammìa cunsulaziùna atto fastidiottu, ecame proponimento na taccasi ti miseria a citto Ria; ce pirtonta cleonta ambrottu ipe: 'Signòremu, ivo en èrcome ambròssu ja vendìtta ca ivò imèno atta injuria pu mu càmane ma, ja sudisfaziùna afse cina, se pracalò na me mati pos i soffrèghi ecine ca ivò icùo ca se cànnone, ita afse sena màtonta, ivò na sozo, me flemma ti dichimmu na sopportefzo; ca to fzèri o Teò, si ivò to ìsoza cami me ti cardìa ti dichimmu sudia, poi ise tosso calò na te vastàsi'. To Ria sino a tota stammèno tardo ce pigro, quasi afsunnìsonta, ancignìsonta atti inghiuria camèni is citti ghinèca, ca me raggia vendìchefse, ncìgnefse na persecutèfsi me ole te forze ola cina, ca, contra ti riputaziùna atti curunattu, cane prama icànnane a pu tota depoi.
Ai tempi del primo Re di Cipro, dopo la conquista della Terra Santa da parte di Goffredo da Buglione, avvenne che una signora della Guascogna andò in pellegrinaggio al Santo Sepolcro. Al suo ritorno, arrivata a Cipro, fu villanamente offesa da alcuni uomini scellerati. Per questo motivo, sconsolata e piena di dolore, pensò di andare a fare un reclamo al Re. Le dissero che sarebbe stata fatica sprecata perché quel Re conduceva una vita così oscura e cattiva che, non soltanto non vendicava con giustizia le ingiurie subite dagli altri, ma anzi sopportava anche le molte che, con tradimento, facevano a lui, tanto che chiunque avesse qualcosa di cui lamentarsi, rivolgendosi a lui, non otteneva nessun sollievo. Sentendo queste cose, la signora, disperando di vendicarsi o di ricevere consolazione, si ripropose di risvegliare quel Re dalla sua indolenza. Andando da lui piangendo gli disse: Signore mio, io non vengo da te per ottenere la vendetta che mi aspetto per l’ingiuria che mi fecero ma per chiederti piuttosto d’insegnarmi a sopportarla come fai tu con quelle che si sente dire che ti lasci fare. In tal modo, imparerei da te a subire con rassegnazione quest’offesa piuttosto che cederla a te – cosa che, se si potesse, farei col cuore – visto che sei così bravo a sopportare. Il Re che fino ad allora era stato pigro e indolente, quasi risvegliandosi, cominciò a vendicare con rabbia proprio l’ingiuria fatta a quella donna, e d’allora in poi perseguitò con tutte le sue forze quelli che facevano qualcosa contro la reputazione della sua corona.