Alberobello, terra di trulli
In terra di Bari si trova uno dei centri più singolari non solo di Puglia ma dell'Europa, centro agricolo abitato sin dall'anno Mille ma rimasto invisibile al mondo per secoli; era terra di contadini e di pastori che condividevano con i loro animali i ripari costruiti con la pietra calcarea locale che era sparsa sui terreni. I contadini raccoglievano la chianche e chianchiarelle come si chiamano le pietre locali che affiorano dal terreno in lastre sottili e che da una parte erano raccolte per poter liberare il terreno per le colture e dall'altra erano utilizzate come materiale da costruzione.
In tutta la Valle d'Itria erano già diffuse dal XI secolo queste costruzioni con il tetto conico che venivano denominati trulli per via della loro pianta circolare.
I trulli non hanno fondazioni e sono costruiti direttamente sulla roccia; l'unicità di queste abitazioni è nella tecnica adottata per costruirle. Sono realizzate “a secco”, ovvero il materiale litico reperito sul posto viene posto in opera senza l'uso di malta, quindi di acqua, e la stabilità viene garantita dalla scabrosità delle pietre giustapposte inserendo delle scaglie dello stesso materiale dove è necessario.
Quando la Silva Arbori Bellis divenne proprietà dei conti di Conversano questi decisero di migliorare le rendite che provenivano da quel territorio che in effetti utilizzavano solo per le loro battute di caccia ed allora vi trasferirono intere famiglie di contadini dalle altre loro proprietà, ma i conti non voleva pagare i tributi che il Vicerè di Napoli imponeva e che calcolava in base al numero di case che si trovavano sulle proprietà. Così Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona, conte di Conversano, detto “Il Guercio di Puglia” impose ai suoi coloni di costruire solo “trulli” che essendo costruiti senza alcuna malta, in caso di ispezioni dei funzionari delle tasse da Napoli potevano essere velocemente demoliti e poi facilmente ricostruiti.
Questa “consuetudine” durò fino al 1797 quando l'abitato di Alberobello era molto cresciuto e vi abitavano circa 3200 persone ma i soprusi dei Conti mantenevano il territorio come un feudo trattando le persone che vi lavoravano come servi della gleba a cui era concessa una vita di sussistenza. Questo mentre i territori intorno prosperavano perché le terre erano concesse in proprio ai contadini che avevano anche la possibilità di commerciare e quindi di migliorare il tenore di vita.
Nel 1797, anno che si preannunciava di raccolti magri, 7 uomini di Alberobello decisero di denunciare al Vicerè di Napoli la vera situazione di Alberobello . Si recarono a Taranto e presentarono la richiesta di riconoscimento di Alberobello come città; fu necessario aprire un un'inchiesta per arrivare alla decisione ma alla fine il Re decretò che Alberobello sarebbe diventata “città regina”.
Il popolo di Alberobello fu felice di pagare i tributi al re sulla base del numero dei “fochi”, come venivano indicati i trulli, avendone in cambio la sua autonomia amministrativa con un sindaco e due consiglieri che erano eletti dall'assemblea del popolo rappresentata dai 489 capi famiglia.
Il trullo nacque come una abitazione di un singolo nucleo familiare e lo spazio interno era diviso tra il focarile e le alcove senza alcun divisorio; era quindi un'abitazione molto semplice ed anche abbastanza angusta ma gli spazi interni cominciarono ad aumentare soprattutto nelle case dei notabili che si stabilirono nel paese per svolgere incarichi affidati dal Conte.
Questi trulli che presentono caratteristiche un po' diverse sono il Trullo Siamese, il Trullo Sovrano, la Casa Pezzolla.
Il Trullo Siamese è un trullo con due cupole unite da una sella convessa.
Alla sua costruzione è legata una leggenda, o forse storia vera, per cui fu la soluzione a cui arrivarono due fratelli che avevano ricevuto in eredità il trullo dai genitori e che si erano innamorati della stessa ragazza. Quando il più giovane riuscì a sposarla e la portò a vivere nella casa che condivideva con il fratello questo non sopportando la situazione rivendicò per sé, in quanto primogenito, l'intera proprietà; anche il fratello si rivolse al giudice e chiese che fosse riconosciuta la volontà testamentaria del genitori. Il giudice capì le ragioni di entrambi i fratelli e la sua sentenza impose che il trullo che aveva due cupole fosse diviso internamente da un muro e che le porte di entrata si aprissero su due strade diverse; ancora oggi si può visitare il Trullo Siamese dove c'è ora un negozio di artigianato locale.
Il Trullo Sovrano è invece un complesso abbastanza esteso di più trulli su cui domina un trullo più grande, con la cupola che arriva a 14 metri, che all'interno ha due piani e che anticamente era chiamato Corte di papa Cataldo perché questo era il trullo fatto costruire dal sacerdote Cataldo Perta. Il sacerdote aveva ottenuto dal conte di poter disporre di uno spazio antistante il trullo principale, da cui gli venne il nome di “corte” perchè all'interno del complesso vi era una cappella in cui erano custodite le reliquie dei SS. Cosma e Damiano che proprio il sacerdote aveva portato da Roma.
Il complesso era formato da 11 trulli dove vivevano anche i dipendenti del cappellano e della sua famiglia che aveva riservato per sé il trullo più grande.
Anche la Casa Pezzolla, oggi sede del Museo del Territorio, che era la casa del medico del Conte Giulio Antonio d'Acquaviva, conte di Conversano nella seconda metà del settecento, era un complesso di trulli.
La casa del medico in origine era composta da una serie di trulli comunicanti, ben 15, ma poi volendola ampliare pensò di edificare una ulteriore costruzione a due piani con sassi squadrati e legati dalla malta. Il conte citò in giudizio il suo medico per aver contravvenuto alle sue disposizioni, era il 15 aprile del 1797. Pezzolla, insieme al cappellano Perta, fu uno dei maggiorenti di Alberobello che si rivolsero al Re di Napoli e poiché la loro richiesta di riconoscimento della città e dei loro diritti come cittadini fu accolta, il medico potè tenere la sua casa con il balconcino.
I simboli che sono disegnati sui tetti dei trulli sono segni magici o propiziatori o protettivi che nonostante l'apparenza misteriosa ed antica sono invece frutto di una tradizione recente, infatti solo dal 1934 sono cominciati ad apparire sui tetti di Alberobello copiando quelle antichi che sono invece presente nei trulli di Ceglie Messapica, Martina Franca e Locorotondo.
Oggi la zona dove si trovano i trulli che l'UNESCO ha incluso tra i siti Patrimonio dell'Umanità si chiama “Principe di Piemonte”, un omaggio al futuro re Umberto II che la visitò nel 1923, ma quando ancora i signori erano i Conti d'Acquaviva si chiamava Monti perché le case dei contadini erano sul colle. Proprio sulla sommità il Conte Giangirolamo fece costruire il suo Palazzo di Caccia così che tutti i contadini ed i servi si sentissero in ogni momento controllati dall'occhio “strabico” del loro signore.
Il Casino di caccia costruito nel 1635, conosciuto anche come Palazzo Acquaviva, fu una delle poche costruzioni realizzate per durare e che presto divenne anche la villa dove Isabella Filomarino, moglie di Giangirolamo, amava trascorrere la villeggiatura.
Tra le cupole dei trulli appaiono i campanili tardo barocchi della Chiesa dei Santi Medici Cosma e Damiano.
La prima chiesa dedicata ai Santi medici fu fatta costruire nel 1636 da Isabella Filomarino, la moglie del terribile Giangirolamo II come ex voto per una grazia ricevuta. Secondo delle storie raccontate davanti ai focarili il Conte Giangirolamo e la moglie Isabella dopo il loro matrimonio non riuscivano ad avere figli, almeno fino a quando andarono all'Eremo dei SS. Cosma e Damiano ad Isernia dove erano venerati i Santi Medici che curavano non solo con le loro conoscenze di medicina ma anche con delle speciali capacità “divine” che aiutavano a curare l'impotenza e la sterilità.
Dopo quel pellegrinaggio i Conti Acquaviva ebbero un figlio che chiamarono Cosmo in onore del Santo e la contessa fece restaurare la chiesetta della Madonna della Grazia che si trovava nella Selva. Su questa chiesetta venne poi costruita la grande chiesa.
I Santi Medici sono i patroni di Alberobello e vengono festeggiati il 27 settembre.
La festa si ripete ogni anno dal 1636 quando fu istituita per volere di Donna Isabella. Il 27 settembre del 1636, il Conte organizzò nella Silva di Alberobello una prima processione a cui parteciparono, volenti o nolenti, tutti gli abitanti ed anche le nobildonne e gentiluomini del feudo a cui facevano ala gli armigeri del conte con delle torce. Quando il conte morì la popolazione continuò la tradizione perché la venerazione dei Santi Cosma e Damiano era comunque sentita; ancora oggi la processione si ripete tutti gli anni in occasione della festa dei santi patroni.
Nella secolo scorso la popolazione del paese cominciò a crescere e su iniziativa di un sacerdote di Alberobello fu avviata la costruzione di una nuova chiesa nel rione Monti che nel 1910 era stato proclamato Monumento Nazionale e vietata la costruzione di edifici moderni il cui stile potesse deturpare l'originalità della zona in cui lle case erano trulli.
La soluzione fu quella di costruire una nuova chiesa che riprendesse nelle linee e nei materiali i trulli dell'antico abitato.
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